IX. La Chiesa clandestina (1946-1989)
Padre Roman Lopatynsky. Karaganda, 1955
Qualsiasi attività pastorale dei sacerdoti greco-cattolici dopo la pseudo-unione di Leopoli era considerata illegale. Sacerdoti, monaci e monache furono sottoposti a repressioni.
In particolare, per “attività controrivoluzionaria” e “tradimento della Patria” furono condannati: il metropolita Josyf Slipyi a otto anni di campi di lavoro e tre anni di privazione dei diritti civili; il vescovo Nykyta Budka a cinque anni di reclusione e tre anni di privazione dei diritti civili; il vescovo Mykolai Chernetskyi a cinque anni di reclusione e tre anni di privazione dei diritti civili; il vescovo Ivan Lyatyshevskyi a dieci anni di reclusione. Il vescovo Hryhoriy Khomyshyn morì nella prigione di Kyiv prima del processo, il 28 dicembre 1945. Il 17 dicembre 1947, il vescovo di Przemyšl, il vescovo Josafat Kotsylovskyi, morì nel campo di Čapaivka-Vita vicino Kyiv. Il 1° ottobre 1949 fu ucciso il vescovo Nykyta Budka, vicario generale dell’arcidiocesi di Leopoli, in esilio a Karaganda (Kazakistan). Il 12 novembre 1950 fu ucciso il vescovo-ausiliare di Przemyšl Hryhoriy Lakota, vicino Vorkuta.
Sebbene la struttura “visibile” della Chiesa greco-cattolica ucraina fosse stata distrutta dall’arresto del vescovato, la Chiesa riuscì a mantenere la continuità del ministero vescovile malgrado la persecuzione e la condizione di clandestinità nel profondo sottosuolo. Le consacrazioni episcopali venivano eseguite segretamente dai vescovi sotterranei. Dal 1945 al 1989, 15 vescovi sotterranei ricevettero segretamente la consacrazione.
Solo negli anni 1945-1946, oltre 800 pastori greco-cattolici furono arrestati dalle autorità di sicurezza dello stato e condannati a scontare una pena compresa tra i 10 e i 25 anni. La geografia della cattività del clero, dei monaci e dei laici era ampia: Mordovia ASSR (Dubrovlag), Komi ASSR (Vorkutlag, Reclag, Intlag, Minlag), Kazakistan (Karlag, Steplag), Siberia (Norillag, Ozerlag), Estremo Oriente (Collimag), ecc. Alla fine della pena detentiva, furono inviati nell’insediamento speciale nelle Regioni di Krasnoyarsk, Chita e Khabarovsk.
Lo stato ateo non riuscì, tuttavia, a spezzare lo spirito di resistenza. Nonostante le intollerabili condizioni fisiche e morali dei campi sovietici e le difficili condizioni della vita in esilio, il clero greco-cattolico sfruttò ogni opportunità per adempiere alla propria vocazione pastorale. I servizi religiosi si tenevano nei luoghi di detenzione e negli insediamenti, venivano offerti servizi di preghiera e si amministravano i sacramenti. I sacerdoti battezzavano i bambini, celebravano matrimoni, e non solo per fedeli ucraini. Nei campi si tennero anche ordinazioni sacerdotali.
Arcivescovo Volodymyr Sternyuk
In Galizia, la vita ecclesiastica si svolgeva nel sottosuolo, in particolare grazie all’attività di vescovi, sacerdoti, monaci e credenti di ritorno dai campi di lavoro e dall’esilio. I servizi segreti di culto erano tenuti in case private, in case vacanza, vicino a chiese chiuse. Le liturgie sotterranee si tenevano principalmente di notte, a porte e finestre chiuse. Il numero di credenti partecipanti a tali liturgie variava da poche unità a qualche decina. Di solito, prima della liturgia avevano luogo le confessioni. Il sacerdote indossava principalmente solo l’epitrachelion (la stola nel rito bizantino), in quanto nel caso di irruzione da parte degli organi della sicurezza, era più facile da rimuovere e da nascondere. Per motivi di sicurezza, i sacerdoti non portavano sempre con sé i paramenti liturgici.
In seguito alla confisca dei monasteri e agli arresti degli abati, i monaci e le monache vivevano in piccole comunità di 3-4 persone e adempivano ai doveri prescritti dal proprio ordine.
Il rifornimento delle congregazioni monastiche era garantito dalla gioventù che veniva al monastero su raccomandazione delle suore o dei sacerdoti.
Le suore provvedevano all’educazione religiosa dei bambini, tenevano nelle loro case la Santa Eucaristia, stabilivano il luogo e l’ora del culto, specialmente a Natale e Pasqua, e portavano tutto il necessario per la celebrazione. In queste “chiese erranti”, le suore erano sia sagrestani sia cantori che catechiste.
I laici diedero un grande sostegno al clero. Le loro case divennero spesso i luoghi in cui si svolgevano il culto e le celebrazioni liturgiche. I fedeli della Chiesa greco-cattolica ucraina si presero cura dell’educazione cristiana dei bambini, producendo e conservando gli oggetti liturgici. Curavano i templi chiusi, accompagnavano e custodivano i loro pastori, cercavano i sacerdoti per le persone bisognose di confessione o desiderose di ricevere la Santa Comunione, e quindi divennero i fermi sostenitori della Chiesa.
Uno dei compiti più importanti del governo ecclesiale della Chiesa sotterranea è stata la selezione, la formazione e la consacrazione dei candidati al sacerdozio. A tal fine, fu organizzato un seminario segreto in cui venne educata una nuova generazione di sacerdoti, garantendo così alla Chiesa la continuità del ministero pastorale.
La formazione durava a lungo. Uno o più candidati venivano assegnati a un sacerdote dalla formazione solida, il quale forniva loro i libri di testo, traduzioni dal latino e dalle altre lingue. Il programma era molto più ristretto rispetto ai seminari normali, e riguardava solo le materie più importanti e necessarie per la pratica clandestina nel sottosuolo. Queste includevano la teologia morale, pastorale e dogmatica, il diritto canonico, la tradizione, la Sacra Scrittura, la filosofia, la storia della Chiesa, l’etica e il canto liturgico. L’ordinazione dei giovani pastori avveniva principalmente dopo 4-6 anni di studi svolti nel segreto. I candidati venivano intervistati da una commissione di sacerdoti anziani e, se i risultati erano buoni, erano raccomandati al vescovo.
Molti dei candidati erano costretti ad affiancare un lavoro statale sottopagato per poter continuare a portare avanti la loro vocazione sacerdotale.