«Leone XIV è un uomo di pace»: intervista a Sua Beatitudine Sviatoslav ad ACI Stampa

«Leone XIV è un uomo di pace»: intervista a Sua Beatitudine Sviatoslav ad ACI Stampa

23 maggio 2025, 16:58 6

In questa intervista, Capo e Padre della Chiesa greco-cattolica ucraina mette in luce sfide e possibilità delle Chiese orientali. E guarda a Leone XIII e all’impegno per la pace di Leone XIV

Se non ci fosse stato Leone XIII, probabilmente non ci sarebbe stato il Pontificio collegio ucraino di San Giosafat, l’attenzione per le Chiese orientali, un posto per la Chiesa greco-cattolica ucraina, persino il suo volto moderno. E ora, c’è Leone XIV, che potrebbe seguire le sue orme. Lo spiega con speranza Sua Beatitudine Sviatoslav, Capo e Padre della Chiesa greco-cattolico ucraina. Che confida anche di aver invitato il Papa a visitare il Paese, perché le parole del pontefice sono un balsamo per la popolazione ferita.

Lei ha avuto un incontro con Leone XIV, e questi ha detto che resterà sempre al fianco dell’Ucraina. Che impressioni ha avuto, cosa vi siete detti?

Era importante avere un incontro personale, perché talvolta le notizie sull’Ucraina vengono mediate da altri canali, ed era per me un dovere portare la voce del popolo direttamente al Papa. Ho avuto l’impressione che abbiamo un grande padre. La sua paternità nei confronti dell’Ucraina è qualcosa che forse non farà grande notizia, ma germoglierà in molte decisioni importanti. Ho l’impressione che ci saranno azioni concrete.

Leone XIV ha parlato di pace, ha dato la disponibilità della Santa Sede a ospitare colloqui di pace. È questo cui si riferisce?

Leone XIV non solo parla di pace. Porta con sé questa pace. È un Papa pacifico, alcuni hanno detto anche che è un Papa tranquillo. È stato acclamato dal popolo ucraino come un Papa di pace. Mentre parlavo con lui, talvolta avevo l’impressione di trovarmi di fronte al mio predecessore, Lubomyr Husar. Anche lui aveva questa aura, anche lui era in grado di emanare la pace che portava dentro di sé.

Ha una buona impressione da questo primo incontro?

Credo sia stato un incontro molto importante per avere uno scambio. Ho avuto l’occasione di raccontare al Papa come viviamo. Leone XIV era molto interessato ad ascoltare come la Chiesa accompagna il suo popolo. Gli ho raccontato che abbiamo dovuto scoprire un’altra forma della Chiesa di fare pastorale, la pastorale del lutto, perché siamo chiamati ad accompagnare le persone che soffrono, piangono la perdita delle persone a loro più care. Il lutto è uno stato d’animo che ha una sua dignità e un suo tempo. Noi dobbiamo rispettare le persone che attraversano questa situazione. Essere al loro fianco e accompagnarle è la nostra missione odierna. Secondo molti studiosi, il lutto è contagioso. Se passi tempo con persone in lutto, tu stesso prendi le loro energie, e il lutto diventa tuo. E noi, come Chiesa viviamo questo stato d’animo del nostro popolo. E ho spiegato al Papa che ogni parola, ogni minima attenzione che il Papa rivolge al popolo ucraino, si converte immediatamente in medicina.

Cosa intende dire?

Per esempio, quando Leone XIV, negli appelli del Regina Coeli dell’11 maggio, ha ricordato nuovamente l’Ucraina e ha detto che porta il nostro dolore nel suo cuore, le sue parole sono state subito recepite, hanno rappresentato un balsamo per i nostri cuori. Ho spiegato al Papa che il popolo ucraino, quando sente il Papa che dice di portare in sé il dolore dell’Ucraina, si sente portato fuori dalle tenebre della sofferenza. Perché noi viviamo di fronte a chi dice che non abbiamo diritto di esistere, che sostiene che l’Ucraina non c’è ed è una invenzione ideologica.

Pensa che il Papa verrà in Ucraina?

Io ho invitato il Santo Padre. Gli ho detto che noi lo aspettiamo e lo invitiamo nel Paese, nl rispetto dei tempi che il Signore ci dà. Abbiamo poi sentito che anche il Cardinale Parolin ha detto che il Papa ha preso in considerazione l’invito, ma non ha ancora preso la decisione. Spero che i tempi giusti arrivino. Ho spiegato al Santo Padre che la gente lo attende e che questo è il momento di agire in un modo veramente cristiano, in un modo di Chiesa.

Perché dice questo?

Perché la questione ucraina è troppo politicizzata. Si parla di Ucraina non tenendo conto delle persone, ma solo delle cose. Abbiamo sentito parlare, nei negoziati, di terre rare, territori, interessi economici… È importante, allora, che la Chiesa aiuti a depoliticizzare questa tragedia e far emergere i volti umani e i diritti umani anche per le persone che si trovano nei territori occupati. Il Papa è l’unico capace di proteggere queste persone.

Parlando di Chiese orientali. Alla fine dell’ultimo Sinodo, si è parlato di un Consiglio di Patriarchi Orientali per aiutare il Papa. È una proposta ancora valida?

Leone XIV ancora non ha parlato di questo tema. Ma ci sono due segnali che sono un segno di speranza. Il primo è che Papa Leone continua a parlare del Cammino Sinodale, e il Consiglio dei Patriarchi è parte delle decisioni che sono nel documento finale del Sinodo, che il Papa ha accettato rinunciando di redigere un documento finale. Si tratta di una fiaccola accesa.

L’altro segno di speranza è che il Papa ha riconosciuto dignità e valore alle tradizioni orientali, e lo ha detto nel suo incontro con i partecipanti al Giubileo delle Chiese Orientali lo scorso 14 maggio. Lì ha chiesto al Dicastero per le Chiese Orientali di sostenerlo e aiutarlo nel sostenere i cattolici in diaspora.

Per questo io penso che noi, come Chiese che stanno soffrendo, siamo all’interno della visione del Papa.

Avete qualche speranza in particolare?

Forse dobbiamo aspettare ancora. Sono pochi giorni che il pontificato è iniziato. Speriamo, tuttavia, che il tema della collegialità, parola resuscitata dal Papa, sia presa in seria considerazione. Anche nel suo discorso al Giubileo delle Chiese Orientali, Leone XIV ha detto che la Chiesa Cattolica deve imparare dal modo di essere sinodale delle Chiese Orientali.

E la sinodalità delle Chiese orientali è diversa dal senso occidentale del termine…

La sinodalità e la collegialità episcopale. E proprio questo consiglio del Papa con i capi delle Chiese Orientali Cattoliche è il modello o meccanismo della collegialità episcopale.

Leone XIV prende nome da Leone XIII che è stato un grande Papa per gli orientali, ha fatto varie encicliche, ha aperto il cosiddetto ecumenismo cattolico. Cosa pensa che verrà ripreso da quelle orme?

Leone XIII ha scritto la famosa enciclica Orientalium Dignitas del 1894, mettendo in discussione la regola della praestantia ritus latinae, ovvero la preferenza da accordare sempre al rito latino. Questa norma è stata poi abolita dal Concilio Vaticano II. Leone XIII era un Papa che veramente ha considerato le Chiese Orientali a pari diritto con le Chiese Latine. Questo è stato riaffermato da Leone XIV.

Quanto è importante per voi Leone XIII?

Leone XIII ha cominciato a ristabilire le eparchie orientali e crearne di nuove. Ha eretto le nuove eparchie in Ucraina, in Galizia, e ha nominato Sheptysky come vescovo. Leone XIII non ha decostruito, ha costruito secondo i bisogni pastorali. E questa logica per noi ucraini è vitale. Quando Leone XIII divenne Papa, la Chiesa greco-cattolica ucraina si sviluppava in soltantotre diocesi in Ucraina occidentale, nella cosiddetta Galizia. Oggi abbiamo 20 eparchie fuori dall’Ucraina e 16 dentro l’Ucraina. E abbiamo bisogno di altre strutture. Abbiamo bisogno di nuove strutture, con parrocchie organizzate.

Pensa che il Papa ascolterà questa richiesta?

Io credo che il Santo Padre continuerà a mostrare premura paterna verso la nostra Chiesa, creando nuove strutture dove sono necessarie per assicurare ai nostri fedeli emigrati, per conservare la loro identità.

Leone XIII fu anche colui che fondò il Pontificio collegio ucraino di Roma…

Sì, con il breve Paterna Benevolentia del 1897. Inizialmente, ha chiesto ai gesuiti di occuparsi di questo collegio, che è poi è passato nelle mani dei Padri Basiliani. Per noi, Papa Leone XIII è il papa che vigilava sulla formazione ed educazione del clero per le chiese orientali cattolici e questo è sempre, diciamo, uno sguardo nel futuro. Speriamo che il Papa Leone XIV anche ci aiuterà in queste condizioni stranamente difficili della guerra a continuare a preoccuparsi per la formazione del nostro clero, perché investire nella educazione vuol dire trasformare trasformare e dare speranza. Papa Leone XIII si preoccupò molto per la ricostruzione del seminario a Leopoli. L’impronta leoniana sulle nostre strutture, diciamo, educative e formative è chiarissima. Come detto, Leone XIII ha nominato vescovo Sheptytsky. E si può dire che Leone XIII e Sheptytsky hanno dato volto alla nostra Chiesa oggi.

Come pensa adesso si procederà invece in Ucraina? Qual è la situazione per voi nella guerra e come vedete una soluzione?

Abbiamo la speranza di resistere. Ma abbiamo bisogno di due cose. Prima di tutto, che si avvii il processo di pace. Abbiamo la sensazione che è arrivato il momento, questo kairos per la diplomazia, per trovare qualche modo negoziato di fermare questa strage in Ucraina e poi far tacere gli armi, come ha chiesto Leone XIV. Solo dopo, ci potrà sedere tutti intorno a un tavolo per discutere insieme. Questa è l’unica alternativa se vogliamo trovare qualcosa di diverso dall’incontro armato.

Crede che il dialogo avrà successo?

Preghiamo affinché questo dialogo abbia un successo, ma poi veramente proprio il Papa Leone ci ha ricordato nel suo discorso ai diplomatici che questa pace deve sempre essere diciamo una pace giusta e basata sulla verità, perché una pace senza la giustizia è una pace negativa, una pace che talvolta può essere confusa con una tregua, ma invece una tregua è sempre diciamo situazione che porta in sé una scintilla di un futuro nuovo conflitto, perché non spegne le cose del conflitto, ma questa scintilla del fuoco della guerra viene spento con la giustizia.

Quale pensa sia un obiettivo di principio irrinunciabile?

È importante che il Papa ha detto che la pace si costruisce a partire dalla libertà religiosa. Per noi, cui viene persino negato il diritto all’esistenza, è fondamentale. Io auspico che gli eventuali accordi di pace possano assicurare i diritti umani anche nei territori occupati. Lì, infatti, la nostra Chiesa è stata «liquidata». Non abbiamo dubbio che una avanzata dei russi potrebbe portare alla fine dello spazio della libertà religiosa per la nostra Chiesa. Ma Leone XIV ha anche vincolato la pace alla verità. Spesso si vuole svincolare la pace della verità, alcuni hanno l’illusione che si possa finire tutto in tre o quattro ore. Rischiamo di considerare questa tragedia alla leggera, senza andare a fondo parlando di verità.

Quanto è importante la verità in Ucraina?

Papa Francesco diceva che ogni grande guerra sempre è legata a grandi menzogne. È la propaganda che ha fatto più male, ci ha danneggiato ancora prima che cominciasse la guerra delle bombe. La pace deve essere legata o connessa intrinsecamente con la giustizia e la verità.

Quale è il ruolo di Dio in questo ordine mondiale oggi?

Penso che senza Dio non ci sia pace. Il nostro Papa ha anche sottolineato, parlando con i diplomatici il 16 maggio, che la pace è un dono, non soltanto un accordo umano.

L’accordo umano è sempre contingente, è sempre fragile, è sempre esposto a un fallimento anche immediato. Quando parliamo di pace come un dono di Dio, un dono da accogliere e far crescere, far fruttificare, siamo di fronte ad un’altra concezione di pace. Perciò sono convinto che senza Dio non c’è la pace. Proprio la Chiesa oggi è portatrice di questa pace perché — e questo è presente anche nella tradizione orientale — la pace è il respiro del risorto.

Fonte: ACI Stampa


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