
L’omelia di Sua Beatutidine Sviatoslav nella Domenica del Buon Pastore a Subiaco
Eccellentissimo Padre Abate,
cari Padri, Confratelli nella vita monastica,
care Sorelle e Fratelli in Cristo!
Vi saluto con un saluto orientale: Cristo è risorto! Al quale noi rispondiamo: è veramente risorto!
È una gioia spirituale per me, un pellegrino della speranza, poter essere con voi in questa domenica, che secondo il ritmo liturgico della Chiesa latina, è chiamata la Domenica del Buon Pastore.
In questa antica Abbazia di Santa Scolastica, qui a Subiaco, noi veramente viviamo la gioia della comunione cattolica della Chiesa di Cristo, la Chiesa universale. Proprio il monachesimo benedettino è un’esperienza religiosa che unisce, sia l’Occidente che l’Oriente. San Benedetto è venerato anche dagli ortodossi, come grande maestro di vita, fede e speranza cristiana.
La Parola di Dio che oggi che abbiamo ascoltato, ci offre tre sguardi (tre «flash») sul passato, sul futuro ma anche sul presente del popolo di Dio.
Ascoltando sulla missione dei primi apostoli, il libro degli Atti degli apostoli ci parla dell’universalità del messaggio cristiano. Il nostro Signore — il Buon Pastore — è un padre per tutti. La salvezza offertaci da Dio non può essere trattenuta entro i confini di una sola nazione. Ma è veramente aperta a tutti. E non è una decisione arbitraria di un apostolo o di un discepolo, ma è un comando di Dio. Gli apostoli dicono «Ci ha ordinato il Signore: ”Io ti ho posto per essere luce delle genti, perché tu porti la salvezza sino all’estremità della terra”» (At 13, 47). Forse qualcuno è geloso che questo amore sia offerto anche agli altri, forse anche ai nemici e agli avversari. Ma il nostro Padre nei cieli, il nostro Buon Pastore è buono per tutti e vuole che tutti si salvino e facciano parte della vita e gioia eterna.
La seconda lettura volge il nostro sguardo al futuro. Giovanni, nel suo libro dell’Apocalisse, questa sua rivelazione, ci parla della moltitudine della gente, degli eletti li nei cieli, che sono guidati dall’Agnello e ce li descrive in modo veramente interessante e anche curioso. Sono quelli che vengono da una grande tribolazione. Ma, poi la simbologia cromatica, dell’Apocalisse, li descrive. Dice: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello» (Ap. 7, 14).
Voi sapete bene che lavare le vesti nel sangue è impossibile, perché il sangue sporca. Non si può fare una veste candida lavandola nel sangue. Ma qui si tratta del sangue di Cristo, dell’Agnello di Dio che ci lava e rende i candidi nostri cuori. E questa veste candida rivela lo stato dell’anima, il cuore di queste persone, e ci offre anche una grande speranza, perché la grande tribolazione non distrugge, non toglie la vita a quelli che sono condotti dall’Agnello e gli appartengono, ma è il momento di lavare la nostra veste, il nostro cuore. Per quelli che credono in Dio e sono guidati dall’Agnello, anche la tribolazione — il più grande guaio umano — è qualcosa che non ci distrugge, ma ci purifica, ci trasforma e ci rende adatti per la vita eterna in Dio.
Ma il Vangelo ci parla anche del nostro presente. È la parte rivolta a noi, qui presenti oggi, e ci dice: non un essere umano, ma Dio stesso è il nostro Pastore. Lui conosce i suoi in tutte le loro gioie e tristezze. Lui, in persona, è presente tra noi e anche dentro di noi. Perciò ci dice: «nessuno le strapperà dalla mia mano» (Gv 10, 28). Quale gioia di sapere che il Signore è veramente il mio Pastore!
Vorrei dire che anche per i vescovi è una grande gioia sapere che anche noi abbiamo un pastore che si preoccupa di noi. In questa domenica possiamo dire, come pastori di tante nazioni, anche dall’Ucraina: Signore grazie per donarci un pastore che questa domenica conosciamo anche il Suo nome, il nostro papa Leone. E sappiamo che dalle mani di questo Leone nessuno ci strapperà, papa Leone che ci ispira con la pace di Cristo risorto. Siamo nelle buone mani di Dio, che segue veramente la vita quotidiana dei suoi fedeli.
Sono qui fra voi, come testimone e pellegrino della speranza. In questi giorni, da tutto l’Oriente, vescovi, sacerdoti, fedeli, vengono a Roma perché viviamo tre giorni del Giubileo delle Chiese cattoliche orientali. Ma, venendo in questo cammino da voi, non potevamo immaginare che il nostro pellegrinaggio si sarebbe concluso con l’incontro con il neoeletto papa. Papa Leone ci incontrerà nella prima sua udienza, proprio questo mercoledì. Veramente, il Signore è più grande anche di ciò che possiamo immaginare e chiedere di lui.
Sono qui anche come testimone della speranza che viene dall’Ucraina. Siamo un popolo che vive veramente la grande tribolazione. Il fatto stesso che io sia vivo fra voi è un miracolo.
In Ucraina, viviamo sotto i bombardamenti quotidiani. E la capitale è il bersaglio più mirato. Anche quando i potenti di questo mondo cercano gli accordi di pace, noi, sul posto, siamo testimoni che la guerra purtroppo si accanisce. Ogni volta che si proclama una tregua, i bombardamenti purtroppo aumentano. Anche questa settimana. E molti ci domandano, forse anche voi mi volete domandare: ma voi ucraini avete qualche speranza? Sono qui per dire — sì! Perché siamo credenti, crediamo nel Signore. Lui, il nostro Pastore, è anche in mezzo alla nostra grande tribolazione, ma anche di più. Lui non è soltanto con noi, Lui è in noi. Ogni volta Lui stesso viene ferito, viene ucciso, viene rapito, anche come un bambino ucraino che viene portato via dalla sua famiglia. Lui ci conosce nel suo proprio Corpo che è la Sua Chiesa, Lui è il Buon Pastore del mio popolo sofferente!
Lui e solo Lui, il Cristo risorto, è la nostra speranza e la nostra pace che vincerà la guerra. La speranza cristiana non è un sentimento vano, perché in un certo senso possediamo già l’oggetto stesso della nostra speranza. La vita degli eletti già c’è tra noi, come un germe che aspetta il suo momento per essere pienamente rivelato. Sono testimone che queste parole di San Giovanni dall’Apocalisse, sono autentiche. La grande tribolazione rende sempre autentiche la nostra fede, carità, solidarietà cristiana. Veramente, il sangue dell’Agnello lava nostri cuori e ci offre già speranza del futuro.
Lo so che oggi, non solo in Ucraina ma anche in Italia, è la domenica in cui si festeggia la festa della mamma. Vorrei salutare tutte le madri, sia qui in Italia, sia in Ucraina, ma anche le madri in tutto il mondo.
In Ucraina c’è un detto: si dice che una donna incinta è una donna nella speranza. Perché veramente porta la speranza della vita, del futuro. Oggi, la mamma in Ucraina porta il volto della nostra speranza, anche cristiana. Talvolta, con il suo corpo, copre i suoi bambini. Tante volte, sotto le macerie delle case distrutte, i nostri soccorritori trovano i corpi delle madri morte che, con la propria vita, hanno coperto i propri figli.
Voi, qui in Italia, vedete le mamme ucraine come rifugiate di guerra, che portano con sé i propri figli, vigilano sulla loro vita, e trasmettono loro la propria fede in Dio. Perciò, oggi, ringraziamo tutte le mamme per essere donne nella speranza. Chiediamo al Signore: ci porti la Tua speranza. Sii veramente il nostro Buon Pastore. Signore, fai operare questa forza liberatrice nel cuore di ogni uomo e donna dei nostri tempi, «Perché buono è il Signore, il Suo amore è per sempre. La Sua fedeltà, di generazione in generazione» (Sal 99 (100), 5). Amen.
Cristo è risorto!
† SVIATOSLAV